
Giornalista di lungo corso del Gambero Rosso, Mara è un’esperta enogastronoma, appassionata intenditrice, tra le altre cose, di salumi, che assaggia e seleziona racchiudendo il meglio della produzione italiana nella prestigiosa guida Grandi Salumi di cui è curatrice (edita dal Gambero Rosso). Da quattro anni a questa parte è anche colonna portante, insieme ai fratelli Spigaroli, dell’evento Salumi da Re di Polesine Zibello, che si è tenuto ad aprile sotto l’egida del Gambero Rosso.
Come nasce l’idea di dedicare un evento ai salumi italiani?
I salumi sono uno dei pilastri della nostra produzione agroalimentare e come tutte le espressioni gastronomiche risentono del rinnovamento nel mondo del cibo avviato una trentina d’anni fa. Basta guardare quello che è avvenuto, e sta ancora avvenendo, nella ristorazione, nel vino e nell’olio, nell’arte bianca – pane, pizza, dolci – e nella gelateria artigianale.
Perché da Re?
Fin dalla prima edizione, nel 2014, l’obiettivo del Gambero Rosso e dei fratelli Massimo e Luciano Spigaroli è stato, ed è tuttora, la qualità senza compromessi. Le aziende che partecipano all’evento sono il frutto di una selezione che parte dall’assaggio dei salumi; solo quelli che superano, diciamo così, “l’esame” entrano a far parte di Salumi da Re. E poi siamo nelle terre del Re culatello di Zibello, no?
Quali sono stati gli attori principali della manifestazione?
Tutti i protagonisti della filiera: da chi alleva il maiale – la macchina da guerra della produzione salumiera – ai norcini, a chi i salumi li vende, li porta in tavola e li comunica, ovvero i salumieri, gli chef e i giornalisti. Ma anche a chi li studia e ne cura l’aspetto tecnico, come veterinari, esperti della Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari di Parma o accademici autori di pubblicazioni di settore. E poi ci sono stati anche esperti di vino e birre artigianali per l’abbinamento con i compagni di bicchiere. Ma i protagonisti assoluti sono stati senza dubbio i produttori di salumi.
I convegni, come di consueto, sono stati tanti e molto interessanti. Qual è stato il tema principale della tre giorni 2017 di Polesine Zibello?
I salumi innovativi e di ricerca, figli dell’estro creativo dei norcini, e quelli da tapas e pause gourmande, vista la crescita vertiginosa di locali da aperitivi e apericena, spuntini e cicchetti, come wine bar, bistrot, osterie moderne e così via.
I salumi italiani sono moltissimi, una varietà consistente, qualcuno dice un migliaio, ma poi le persone consumano sempre un po’ gli stessi (prosciutto, mortadella, bresaola). Oltre che con un appuntamento quale Salumi da Re, come si può “sensibilizzare” il consumatore, cercando di allargare i suoi orizzonti sulla norcineria nostrana?
Domanda difficile. Il consumatore medio continuerà a orientarsi su prosciutto, mortadella e bresaola. La ricerca al di fuori della ristretta rosa di salumi classici e più venduti è terra dei consumatori curiosi, colti ed evoluti. Detto questo, un ruolo importante lo giocano gli operatori della stampa, dai quali ci aspettiamo un’informazione allargata sulla produzione salumiera, che dia voce anche a quelle specialità norcine rare, territoriali e in qualche caso in via d’estinzione poco conosciute o sconosciute ai più; non solo nelle riviste specializzate, ma anche in quelle di cultura generale e nelle trasmissioni televisive. Importantissima anche l’informazione, adeguata e corretta, nelle scuole. Si potrebbe fare molto naturalmente a livello governativo, ma questo è un altro discorso.
Abbiamo 21 Dop e 20 Igp che rappresentano quasi il 34% del patrimonio di prodotti carnei tipici europei. Possiamo dire che l’Italia è il Paese con la più ampia varietà di salumi pregiati e di qualità?
Mi rendo conto di sembrare partigiana, ma la risposta è sì! La forza della salumeria italiana non è solo nei numeri, nella quantità di salumi Dop e Igp e fuori dalle certificazioni, ma anche nella varietà delle carni impiegate (suino, bovino, bufalo, pecora, capra, oca, struzzo, cavallo, asino), dei sapori, dei condimenti, delle lavorazioni e delle tradizioni, dei territori e delle condizioni climatiche dove vengono prodotti.
I consigli di un’esperta a chi vuole riconoscere un buon salume.

Per prima cosa è importante l’etichetta. Bisogna leggerla sempre e scegliere salumi che hanno una lista degli ingredienti breve: carne, sale, spezie, aromi naturali. Diffidare, quindi, dei prodotti che hanno tanti tipi di additivi e conservanti (i vari E249, 250, 251, 252, 300, 301), glutammato, zuccheri, caseinati, polvere di latte, emulsionanti e così via.
Secondo elemento fondamentale è l’aspetto. Dubitare di un colore troppo rosso, finto e stabile nel tempo; di un salame con le carni incollate e gommose (il salame deve avere una struttura friabile); di un grasso giallo, ossidato, rancido; via libera, invece, per un salame dal colore roseo e convincente, non finto, con la parte magra marezzata di grasso nei salumi a pezzo intero (prosciutto, coppa o capocollo, culatello).
Terzo fattore è l’odore, che deve essere delicato e insieme intenso ma di tipo naturale, non forzato: si deve sentire l’elemento animale, la carne “buona”, pulita e trasformata, non devono prevalere gli aromi della concia e i sentori di cantina, tutto in un’armonia e pulizia di sensazioni, e con una sua persistenza. Inoltre, non si devono sentire la carne cruda, non perfettamente trasformata, tracce ematiche, difetti (putrefazione, muffa), note chimiche e finte (da ricordare che i conservanti danno una sensazione di “pizzicore” alla lingua, soprattutto ai lati).
Quarto posto per le sensazioni in bocca: il sapore deve essere sapido ma non salato, con una sua dolcezza, l’acidità al giusto grado e molto controllata (no alle sensazioni amare); a seguire vengono gli aromi puliti e sinceri che rimandano all’animale, agli aromi naturali della concia, all’ambiente di stagionatura, come nelle sensazioni olfattive; la struttura deve avere masticabilità, solubilità, succosità, senza cartilagini, consistenza asciutta o gommosa.
Clara Ippolito