Un antico monastero seicentesco, le splendide colline di Castellina in Chianti e un rapace nel logo, l’uccello che caccia e mangia i passeri, nidificando ogni primavera, fedele ai suoi luoghi d’elezione. Questo il ritratto di Casale dello Sparviero, un’azienda vinicola che coniuga storia e terroir con l’eleganza di un volatile altero. Fascino del tempo, bellezza geografica e natura sono, infatti, dal 1972 la cifra stilistica di una tenuta che conserva le strutture principali, già presenti in una mappa catastale del 1765, denominati Casale, Campoperi, Spazzavento e Paronza, dolce altura quest’ultima destinata alla produzione dell’eccellenza aziendale, il Chianti Classico Gran Selezione Paronza. 378 gli ettari, 88 dei quali vitati a un’altezza media di 250 metri sul livello del mare, protagonista il Sangiovese, celebre vitigno a bacca nera, accompagnato, nella produzione di grandi rossi come il Chianti Classico DOCG, da uve complementari tradizionali quali quelle del Canaiolo. Una piccola quota di Merlot e Cabernet Sauvignon conferiscono un tocco più internazionale agli altri vini aziendali.

L’avventura inebriante di Casale dello Sparviero inizia negli anni Settanta, quando Olindo Andrighetti compra la tenuta e la fattoria di Campoperi, vicino a Siena, con tutti i suoi vigneti, ulivi, foreste e terreno coltivabile: intuendo un grande potenziale per la produzione vinicola, nel 1972 rinnova completamente la proprietà e la trasforma in una tenuta vitivinicola. Nel 1994, passa la mano a sua figlia, Ada Andrighetti, che acquisisce la tenuta confinante di Casale, trasformandola in un nuovo centro operativo e produttivo; nasce così ufficialmente l’azienda di Castellina in Chianti, che diventa subito una vicenda ricca di passione, intraprendenza e lungimiranza, valori trasmessi presto ad Arrigo Barion, figlio di Ada, oggi a capo dell’azienda (l’intervista sarà online domani). Testimone della terza generazione di produttori vinicoli ad affiancarlo c’è Franco Bernabei, enologo tra i più stimati a livello internazionale.
In cantina si impiegano da sempre tecniche e pratiche di vinificazione moderne e rispettose dell’ambiente, un percorso che ha portato verso la certificazione ufficiale biologica, avviata nel 2016 con l’intento di avere una produzione bio al 100%. I vini prodotti sono 7, suddivisi in 3 diverse tipologie, il Chianti Classico Biologico, il Chianti Classico Riserva, il Chianti Classico Gran Selezione Paronza e il Chianti Superiore, tutti DOCG, affiancati dagli IGT Toscana (rosso, rosato bianco), variegate chance per il consumatore di scegliere secondo il proprio palato e i diversi abbinamenti enogastronomici.

Tre gli assaggi: il Chianti Classico 2019 Biologico, vino prodotto da Casale dello Sparviero sin dal 1997, il Chianti Classico Riserva 2018 e il Chianti Classico Gran Selezione Paronza 2018.
Il primo, un classico tra i classici, viene prodotto con il 95% di Sangiovese e il 5% di Canaiolo fermentati distintamente; affina un anno in botti da 50 hl di rovere di Slavonia e almeno 6 mesi in bottiglia. A guardarlo si mostra di un rubino acceso con striature granate, mentre ai profumi di viola mammola, frutti a bacca rossa e nera fa eco qualche suggestione speziata. Il palato, poderoso e asciutto, ha un finale morbidamente gradevole: l’ho abbinato a una Coda alla vaccinara, regina del quinto quarto capitolino che prevede nella ricetta originale una salsa a base di pinoli, uvetta e cacao amaro. Una vera bomba, cui ha fatto da degno sottofondo musicale – perché, secondo me, ogni vino suona a modo suo – My Oh My di Leonard Cohen.

Gli ha tenuto dietro la Riserva, Sangiovese 100%, un vino che per affinarsi si fa un anno e mezzo in barrique di rovere francese e minimo 6 mesi in bottiglia; di un vermiglio intenso, virante verso il granato, ha un bouquet caleidoscopico con un overture di lampone maturo e confettura di amarena, seguita da richiami speziati di pepe nero. In bocca ha contegno da vendere e, giustamente tannico, stringe in un abbraccio il palato rimanendovi a lungo: in compagnia di un Arrosto di vitello in crosta di pane e di una hit come Purple Rain firmata Prince, è il massimo del godimento.

Infine, sulle note di Hurt dell’immenso Johnny Cash, ho stappato la Gran Selezione Paronza, frutto di grappoli scelti di solo Sangiovese, un nettare elegante che si è affinato passando 18 mesi in barrique di rovere francese, 6 mesi in botti grandi di rovere da 50 hl di Slavonia, quindi almeno un anno in bottiglia. E si sente.

Nel bicchiere esibisce il suo bel rosso rubino con intense nuance granate, mentre al naso regala generosi sentori di ciliegia ed emozioni vanigliate. Gagliardo in bocca, ha una bella potenza tannica, con le more a farla da padrone al naso insieme al tabacco dolce. L’ho sposato a una bella porzione di Parmigiano Vacche Rosse 40 mesi: provateci anche voi, non ve ne pentirete.
Clara Ippolito
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Credits Casale dello Sparviero