
L’olio extravergine di oliva per lui è un ingrediente importante. È come se, cucinando, l’oro liquido che scorre dalle bottiglie gli sussurrasse mille sinfonie di sapori. Lo sa bene chi frequenta la sua Osteria Botteghe Antiche, a Putignano, in provincia di Bari, dove propone piatti tradizionali rivisitati che esaltano i tanti giacimenti golosi del territorio. Presente alla Festa a Vico 2017, tenutasi nel giugno scorso, D’Onghia ha fatto parte di una rosa di promesse aspiranti a entrare nel firmamento delle stelle della cucina italiana. Per me le premesse ci sono tutte.
Sei tra gli chef virtuosi per cui l’olio è un ingrediente, non solo un condimento. È da sempre così o ci sei arrivato con il tempo?
Noi pugliesi abbiamo l’olio nel sangue, in più io lo amo in particolar modo proprio di mio. Infatti, la sera, dopo il lavoro, mi basta mangiare una bella fetta di pane con dell’olio buono e del pomodoro per essere a posto.
Se non si usa l’olio giusto per ogni piatto si può anche distruggerne la bontà. Un messaggio che in molti non recepiscono. Come mai, secondo te?
Nel locale ho una quindicina di oli tra i migliori del territorio, non perché non mi piacciano gli altri, ma perché sono quelli più adatti ai nostri piatti, prevalentemente a base di materie prime a km 0.
Perché, oltre che ai consumatori, neanche nella ristorazione arriva bene l’idea che bisogna usare l’olio buono?
Io faccio sempre, anche ai miei ospiti, un esempio, riferendomi alle macchine per cui, specie nel caso dei modelli più costosi, si spendono tanti soldi per il cambio dell’olio. Per cose come questa non si lesinano le spese, ma quando si tratta di tirar fuori qualche euro in più per condire un piatto ci si fanno mille scrupoli. Eppure ne va della nostra salute oltre che del gusto.

Il carrello dell’olio: all’Osteria Botteghe Antiche ce n’è uno?
Non è un carrello vero e proprio, ma una sorta di dispensa in cui sono visibili tutti gli oli che usiamo.
La Coratina è una cultivar autoctona. So che usi quella di Intini: in quali piatti del tuo menu?
Considero i prodotti di Intini eccezionali. Uso la Coratina in diverse pietanze, in particolare l’ho impiegata nel menu primavera-estate per impreziosire il Gazpacho Pugliese a base di tarallo, spuma di burratina e cialda di peperone. Tra gli ingredienti c’è anche il Pomodoro fresco Regina di Torre Canne (del Parco Naturale delle Dune Costiere, ndr): frullato con aglio, basilico e olio di Coratina (che, con la sua punta di amaro, bilancia benissimo l’acidità e la dolcezza dell’ortaggio appena raccolto) è una vera delizia. Infatti, è stata uno dei miei piatti più apprezzati alla Festa a Vico 2017.

È un olio che si presta a essere usato anche nel menu invernale?
Certamente. Per esempio, tra gli altri, è ingrediente di un piatto a base di baccalà (tipico delle nostre parti), che io cuocio sottovuoto immerso in olio di Coratina, appunto. Lo servo su verze scottate condite con la stessa cultivar e polvere di peperoni cruschi.
L’olio del cuore.
Io amo molto gli oli amari, quindi per il mio gusto è perfetta la Cima d Mola, una monocultivar che ha preso piede proprio grazie a Intini. Peraltro, più o meno da una decina d’anni, anche in Puglia, si sono scoperti i monovarietali; prima si facevano solo dei blend, perché negli appezzamenti c’erano tante tipologie di olive raccolte e frante tutte insieme. Ovviamente, anche gli oli di questo tipo, se fatti come si deve, sono straordinari e adatti a vari usi.
Clara Ippolito
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