
Riesling renano, Sauvignon e Traminer aromatico, questa la triade di uve che concorre in egual misura alla formula del Noans, conturbante espressione del talento vitivinicolo de La Tunella, un’azienda che ho da sempre nel cuore. Eppure ne sono passati di anni da quando ebbi la fortuna di conoscere i Zorzettig, Marco, Massimo, la loro mamma Gabriella e buona parte della famiglia, gente capace di un’ospitalità schiettamente generosa che non usa più. Degni eredi di una storia risalente al nonno Min e al papà Livio, progenitori di una tradizione che i più giovani hanno saputo coniugare al meglio con l’innovazione, esaltando il terroir dei Colli Orientali del Friuli.

Un angolo dell’estremo nord-est d’Italia in cui la ponca, millenaria miscela di arenaria e marna, è protagonista assoluta al pari di un microclima unico al mondo garantito dalla materna protezione delle Prealpi Giulie e dalle carezze dei venti marini dell’Adriatico che da sud risalgono leggeri verso settentrione.

Negli anni ho degustato e apprezzato molti dei loro pluripremiati vini: il Biancosesto, che adoro, seguito da altri cavalli di razza come il Col Livius Friulano, il Col de Bliss Ribolla Gialla e il Lalinda, commovente blend di Friulano, Malvasia Istriana e Ribolla Gialla. Bianchi (siamo in una terra vocatissima) che fanno il paio con alcuni rossi come lo Schioppettino e L’Arcione (un riuscitissimo matrimonio di uve Schioppettino e Pignolo), capisaldi della produzione rossa dell’azienda La Tunella.
Sebbene li ami tutti in egual modo, devo confessare di avere una predilizione particolare per il Noans (quello di cui scrivo è il 2014), un vino che aumenta esponenzialmente la mia smodata passione per i passiti. Espressione di grappoli lasciati in apposite cassette ospitate in ambienti condizionati per 80 giorni (con sviluppo sul Traminer della muffa nobile), i preziosi chicchi dopo l’appassimento vengono pressati delicatamente, tanto da dare un mosto fuori del comune decantato a freddo e fermentato in acciaio a 8-10°C in seguito all’aggiunta dei lieviti selezionati.
I frequenti batonnage (rimescolamento delle fecce del vino che così ritornano in sospensione) e un’opportuna maturazione fanno sì poi che il Noans arrivi in bottiglia a febbraio per riposare e affinare ancora il tempo necessario fino a che potrà mostrarsi – a un anno e mezzo dalla vendemmia – nel suo massimo splendore.

Nel bicchiere arriva, infatti, d’oro luminescente vestito, profumato di arance e limoni canditi, ma anche di miele; emozioni olfattive che rimbalzano sul palato accompagnate regalmente da una dolcezza setosa e avvolgente dalla chiusura sontuosa e asciutta, frutto di una bella acidità.
Ci ho passato una serata meravigliosa allietata da una Crostata di ricotta, uvetta e pinoli: un’altra bottiglia l’avevo, però, già proposta a degli amici con un Formaggio Blu di Morozzo, capolavoro dell’arte casearia sabauda che, in coppia con il Noans, ci aveva mandati tutti in visibilio. Sottofondo musicale ideale Without You di Y’akoto.
Clara Ippolito
Credits: Azienda La Tunella