
Ormai, dopo tanto degustare, navigo a naso. Mi oriento, seguendo l’istinto e ci azzecco. Quasi sempre. Così è capitato tra i banchi della Fivi (www.fivi.it), sbarcata a Cinecittà settimana scorsa: leggo il nome di un’azienda tra le tante, scritto su un cartello in basso. Alzo gli occhi e dietro il banco c’è una donna, Alessia Carli, che mi sorride: bel viatico, penso, per un assaggio d’entrata, specialmente durante un evento così affollato. Due parole di rito: parliamo dell’approccio vitivinicolo (convenzionale, cura certosina dei vigneti, vendemmia rigorosamente manuale), del terroir Alto Livenza (fiume dell’Italia nord-orientale), zona a forte vocazione vinicola, luogo incantato ricco di storia oltre che di un microclima particolare. Tipico di una piccola parte di Caneva, in provincia di Pordenone, dove Rivecoldefer fa il vino per passione da quasi trent’anni.
E la storia personale sorge spontanea, spillata da Alessia dalla botte dei suoi ricordi. Che la riportano al padre e ai primi anni ’80, quando lui trovò per caso un antico rustico con un appezzamento di terreno: clima asciutto e ventilato, fascino da vendere di un panorama unico. Fu amore a prima vista, aveva trovato il suo angolo di paradiso. “Naturalmente non furono tutte rose e fiori, perché l’abbandono e l‘incuria avevano reso ostili quelle magnifiche colline”, spiega la viticultrice: “ci vollero anni di duro e paziente lavoro per dare una fisionomia nuova a quei declivi”.

Bell’amarcord, poi bando alle chiacchiere e andiamo al liquido. Le etichette aziendali sono una quindicina, ottenute da vitigni come Malvasia, Verdiso, Refosco, Glera ma anche Merlot, Cabernet Sauvignon e Franc, piantati su undici ettari di proprietà: c’è pure il Manzoni Bianco, il più famoso tra i cloni ideati e sperimentati dal Prof. Luigi Manzoni, preside negli Anni ’30 della Scuola Enologica di Conegliano. Lo assaggio e non posso che benedire i suoi esperimenti sul miglioramento genetico della vite con incroci e ibridazioni, senza le quali non avremmo questo vitigno, figlio di Riesling Renano e Pinot Bianco.

È un 2016 di un giallo paglierino tenue, con sfumature verdine, che parte subito all’attacco del naso con i fiori di pesca, l’albicocca matura e qualche nota fiorita. Bel corpo, acidità equilibrata, si lascia bere che è una meraviglia; fermenta senza vinacce, poi fa acciaio per un anno, affina in bottiglia per sei mesi. A marzo è pronto e, fine e gentile com’è, me lo immagino con dei Gamberi rossi di Mazara, crudi ovviamente, o con un Riso integrale allo zafferano e frutti di mare e, perché no, con un Coniglio in porchetta.

Poi passo al Dorà (Verduzzo al 80% con un 20% di Manzoni); stessa annata, stesse modalità produttive del precedente, ma qui il colore è più dorato e il profumo fiorito – come di robinia e rosa di macchia – vira presto verso il fruttato della pesca nettarina. Pallidi i ricordi di miele millefiori. Andrebbe a nozze con un Asiago pressato, un piatto di Linguine zucchine e funghi pioppini e, magari, un Rombo in crosta con patate. Bella scoperta Rivocoldefer: lo penso e lo dico ad alta voce. Compro il vino assaggiato (10,00 € a bottiglia), saluto Alessia e con lei una passione portata avanti con il marito Lino e le sue figlie. Manifestazione che vai, sorprese che trovi.
Clara Ippolito
Credits: Azienda Rive Col de Fer – Mauro Fermariello