Gianni Tessari pratica la maieutica, vale a dire quell’arte socratica di ‘tirar fuori’ ciò che è insito negli esseri viventi: in questo caso nel terroir e nella vite, perché entrambi – secondo lui – hanno già in sé il vino che verrà. Vignaiolo sapiente, ascolta e tasta la terra per captarne le potenzialità, per intuire quel che una pianta può dare, il nettare che può produrre: filosofico approccio alla viticultura di chi è nato a Brognoligo, il comune italiano con la più alta densità di viti (la bella parrocchiale due-trecentesca sovrastante il paese compare stilizzata nel logo della sua azienda); è qui che inizia la sua avventura nel mondo del vino, con la famiglia cui negli anni arrivano premi e riconoscimenti a gogò. Nel 2013 prova a percorrere le vie di Bacco da solo in quel di Roncà, in provincia di Verona, affiancando al Soave classico e ai rossi DOC dei Colli Berici, la produzione Durello Lessini Metodo Classico; più tardi con lui la moglie Anna Maria e le loro due figlie.
Gianni Tessari e la moglie Anna Maria Gianni Tessari, il suo vino e le sue vigne

Il suo nuovo Scalette Soave Classico DOC 2019, frutto del Cru Tenda (una delle 23 unità geografiche aggiuntive che rientrano tra le zone storiche della denominazione), è ispirato alla scalinata che dal centro di Soave porta al Castello Scaligero. Espressione di un territorio con un’identità precisa, legata al suolo tufaceo di origine vulcanica e ai suoi affioramenti calcarei, al clima mite e ai due vitigni del Soave DOC, l’autoctona Garganega e il Trebbiano di Soave, è un’etichetta figlia di una felice interazione di fattori che gli regalano un’inconfondibile personalità enologica. Vino nato dal dialogo fecondo fra il Trebbiano (che può arrivare fino al 20%), portatore di sapidità e vivacità alla densità e struttura della Garganega, fermentato e affinato in acciaio, è odoroso di mela gialla con ricordi di fiori bianchi, come di biancospino; ammandorlato quanto basta sul finale, è mediamente minerale e sostenuto nel corpo che regala al palato armonia, eleganza e delicatezza. Di un bel giallo paglierino, non senza qualche vaga nuance verde acqua, l’ho sposato come antipasto a una Casatella Trevigiana Dop, seguita da un Pagello al forno con patate viola: l’ascolto di Suspirium di Thom Yorke ha fatto da degno sottofondo a una miriade di piacevolissime sensazioni.
Clara Ippolito