La Valdorcia è iscritta dal 2004 nel patrimonio dell’Umanità Unesco, grazie all’integrità di un contesto storico, culturale e ambientale di enorme pregio; peraltro, nel 2018 la campagna intorno a Trequanda (bellissimo borgo in provincia di Siena) ha ricevuto anche dal Ministero delle Politiche Agricole (MIPAAF) il riconoscimento di “Paesaggio rurale storico della Toscana”.

Come si può, dunque, anche solo pensare alla possibilità di creare un deposito di rifiuti nell’area dove nascono importanti vini DOC e DOCG? Un’idea propria del progetto Sogin assolutamente inaccettabile e offensiva per chi ha lavorato con grandi investimenti di modo da creare occupazione, sviluppo sociale e salvaguardia ambientale.

“Sbalordisce e indigna l’idea di individuare nel territorio della Doc Orcia, dove c’è il paesaggio agricolo più preservato e bello del mondo, una qualsiasi forma di discarica”, afferma la Presidente del Consorzio del Vino Orcia, Donatella Cinelli Colombini. Difatti, alla notizia che secondo Sogin (la società governativa incaricata dell’indagine) uno dei 23 siti con caratteristiche adatte a ospitare una discarica, si trovi proprio al centro dell’area di produzione della denominazione dei grandi vini della Valdorcia, i produttori locali hanno reagito duramente affermando che non accettano e non accetteranno mai infrastrutture nocive per l’ambiente, il paesaggio e l’economia.
Reazione giustamente indignata verso una discarica, un insediamento inquinante o l’edificazione ad alto impatto visivo in un’area che cittadini, istituzioni e imprese contribuiscono da decenni a salvaguardare con impegno e sacrificio.
Una cornice intatta che accresce l’immagine internazionale e il valore commerciale non solo del vino ma anche delle eccellenze enogastronomiche prodotte nello stesso comprensorio.
Perciò, che nessuno tocchi il patrimonio vitivinicolo di quest’area con oltre 60 cantine e circa 300mila bottiglie annue: una realtà considerata tra le emergenti denominazioni italiane così come il turismo, volano per bellissime città quali Pienza e Trequanda.
Clara Ippolito