Passato, presente e futuro inscritti nella stessa bottiglia. Questo il presupposto alla base dell’idea di far nascere il Vino Nobile di Montepulciano menzione “Pieve”, da affiancare a quelle previste attualmente dal disciplinare della prima Docg d’Italia, ovvero Vino Nobile di Montepulciano e Vino Nobile di Montepulciano Riserva.
Espressione di un percorso metodologico partecipato e condiviso da tutte le aziende produttrici, è il risultato di un itinerario di studio all’interno della denominazione che, grazie a momenti di incontro, confronto e analisi collettiva, ha condotto a una “visione” unitaria di Vino Nobile di Montepulciano.

Un modo di vedere che ha dato il via sia a una ricerca di tipo geologico e pedologico (tema caro al Consorzio dagli anni ’90, come dimostra la “zonazione” del territorio di produzione, poi riportato in una mappa realizzata da Enogea), sia a un approfondimento realizzato nelle biblioteche e negli archivi storici.

Sono state così individuate12 zone, definite nel disciplinare di produzione UGA (Unità geografiche aggiuntive), precedute dalla menzione “Pieve” in etichetta. L’uso dei toponimi territoriali è riferibile, peraltro, a quelli delle antiche pievi in cui era suddiviso il territorio sin dall’epoca tardoromana e longobarda.
La chiara volontà del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, dunque, è quella di codificare una realtà fisica con un’antica radice storica, che ha caratterizzato il territorio poliziano fino all’epoca moderna trovando la sua eco anche nel catasto Leopoldino dei primi decenni del XIX secolo. “Abbiamo pensato di anteporre il nome della Pieve alla sottozona guardando a 500 anni di storia di Montepulciano”, ha spiegato il Presidente Andrea Rossi. Con oltre un anno di lavoro e la volontà di ampliare il disciplinare di produzione si è giunti quindi all’individuazione dei caratteri chiave di questa nuova tipologia che sarà connotata non solo nel nome (del territorio di produzione), ma anche nelle caratteristiche di un vino capace di legare il passato dell’enologia locale al presente e al futuro, anche nell’ottica di un consumo internazionale.
Il vino avrà come caratteristiche non solo il territorio (appunto con le Unità geografiche aggiuntive), ma anche l’uvaggio legato al Sangiovese e ai soli vitigni autoctoni complementari ammessi dal disciplinare con uve esclusivamente prodotte dall’azienda imbottigliatrice. A una neo-commissione interna al Consorzio, composta da enologi e tecnici, è affidato il compito di valutare, prima dei passaggi previsti dalla normativa, che le caratteristiche corrispondano al disciplinare stesso.
Con l’approvazione unanime, l’iter proseguirà con una richiesta alla Regione Toscana la quale, una volta approvato il testo, lo invierà al Mipaaf per passare i controlli della commissione preposta.
Vista la possibilità di rendere retroattivo alla vendemmia 2020 il disciplinare e considerati i tempi di affinamento (36 mesi), la messa in commercio della prima annata è prevista per il 2024.
Clara Ippolito