WINEY. UNA START UP PER I PICCOLI VIGNAIOLI

I vini di piccoli produttori biologici, biodinamici, naturali e artigianali, sono ora alla portata di tutti gli italian wine lovers attenti alle chicche enologiche. Si tratta di bottiglie difficilmente reperibili, perché espressione di produzioni di nicchia poco conosciute e non pubblicizzate. Merito di Winey, un servizio di wine delivery in abbonamento che consente di ricevere entro il 15 di ogni mese, direttamente a casa, una Wine Box a sorpresa con tre vini fuori dal comune.
Un modo per conoscere il vero made in Italy grazie al rapporto diretto che i tre fondatori di Winey hanno con i produttori, senza intermediari e, quindi, anche con un vantaggio economico per il consumatore. Cosa di non poco conto.

Winey Gift Card

Winey è, perciò, una start up che nasce con l’intento di regalare un’esperienza a trecentosessanta gradi, raccontata e descritta in tutte le sue caratteristiche. “Esistono vini e vignaioli che rappresentano l’eccellenza assoluta e che risultano difficili da reperire, anche sugli scaffali o tramite e-commerce”, afferma Valerio Barbato, co-founder e CEO di Winey, “quindi difficili da conoscere e apprezzare”.
Va detto, peraltro, che il delivery di vino, abbattendo i costi della catena di distribuzione, tagliando il numero di intermediari che su altri canali si interpongono tra produttore e consumatore, garantisce una semplificazione dell’intero processo di acquisto e permette di conoscere nuovi e piccoli produttori.

Massimo Simoniello, Valerio Barbato e Luigi Di Costanzo, i tre fondatori di Winey

D’altronde, l’acquisto di vino online è ormai un trend inarrestabile: non a caso lo scorso anno 8 milioni di italiani hanno acquistato vino online e, stando alle previsioni, il giro d’affari, che ha raggiunto quota 200 milioni di euro, non arretrerà di certo negli anni a venire.

Clara Ippolito

www.wineybox.com

Credits Winey

Autore: dicoppaedicoltello

È tutta colpa del Galateo di Giovanni della Casa, se poi sono diventata una giornalista enogastronomica. Quella tesi di laurea, infatti, mi fece da apripista. Mettiamoci pure, poi, che ho scritto parecchio sul linguaggio della tavola per la Treccani, che ho lavorato per il glorioso Paese Sera, per il Gambero Rosso, Horeca Magazine, Saporie.com, Julienne ed Excellence Magazine. E per non farmi mancare nulla sono stata anche caporedattore di Gusto Magazine e poi direttore di Torte. Insomma, per non farla troppo lunga è un po’ di tempo che parlo di cibo e di vino: da quattro anni anche sulle pagine del magazine italo-tedesco Buongiorno Italia e ora sul mio sito DiCoppa&DiColtello.

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