
Entusiasmo, intraprendenza e curiosità sono i tre ingredienti principali del carattere della Presidente dell’Associazione Cuoche a Domicilio. Una donna che ha fatto del piacere di cucinare a casa degli altri un mestiere coinvolgente, recuperando un retaggio storico che altrimenti rischierebbe di perdersi. La tavola e l’arte di raccontarla con gusto sono la sua missione, uno scopo condiviso con altre cuoche sopraffine come lei sparse in varie regioni italiane.
Come e quando nasce l’idea delle Cuoche a Domicilio?
Dopo una difficile notizia riguardante la mia salute (poi superata con successo), mi venne voglia di vivere seguendo la mia grande passione: la cucina. Volevo, peraltro, raccogliere l’eredità lasciata dai Monsù ad alcune donne, che insegnavano non solo le ricette da preparare ma anche l’arte del ricevere, salvaguardando i costumi e la cultura culinaria più antica.

Qual è stato il tuo percorso?
Non ho frequentato una scuola alberghiera e non volevo neanche seguire i soliti corsi di cucina, perché mi interessava imparare sul campo e in un modo diverso. Così chiesi a un grande chef come Gennaro Esposito di poter fare da lui un po’ di gavetta e, dopo tanti mesi di tentativi, ci riuscii, passando prima attraverso parecchie edizioni della sua Festa a Vico. Nella sua cucina ho ricoperto ogni mansione e ho imparato oltre che la fatica e la pazienza, il rispetto per gli ingredienti e per il cliente.
Quali difficoltà hai incontrato nella realizzazione di questo progetto?
Ne ho incontrate e ne incontro ancora tante, perché non si bene chi sia e cosa faccia una cuoca a domicilio. Quindi, approfitto per chiarire che non si tratta solo di una custode delle ricette della tradizione di un territorio, ma anche di una persona che conserva gli usi di un luogo e le storie legate al cibo, un tempo insegnate oralmente tra i fornelli. Le cuoche a domicilio, inoltre, affiancano alcune aziende d’eccellenza per valorizzare, cucinando, i loro prodotti, ma anche sostenendole nel comunicare la loro storia.
Tu e le tue socie siete delle cultrici della materia, quindi non delle concorrenti dei ristoratori.
Quando cuciniamo con i migliori prodotti locali e stagionali, cerchiamo di educare e di comunicare alle persone il gusto del buon cibo. Noi non facciamo concorrenza ai ristoranti, perché si può scegliere di uscire e trascorrere una serata fuori oppure di stare in casa con una cuoca a domicilio, che porta gli invitati a fare un viaggio stanziale tra storia, cultura e prodotti di un territorio. Sono due cose ben diverse e non in conflitto.

Come si svolge esattamente un pranzo o una cena in casa?
Ho vari menu che sono l’espressione della mia cucina: variano per stagionalità, per occasione, per colore e per sensazione. Li scelgo con la padrona di casa e poi, dopo aver fatto un sopralluogo in cucina, vado dai miei fornitori di fiducia per le materie prime. Prima di mettermi a cucinare, aiuto nella preparazione della tavola, quindi seguo il servizio sostituendomi alla padrona di casa, la quale così può dedicarsi ai suoi ospiti. Durante il pasto, racconto la storia di un piatto, di un’usanza, di una famiglia, cercando di allietare la tavola.
Voi proponete solo piatti della tradizione?
Partiamo sempre da lì, dallo spirito originario del piatto, ma possiamo modernizzarlo o adattarlo, per esempio alle esigenze di chi è intollerante. Comunque, cerchiamo sempre di fare una cucina semplice e riconoscibile, dove gli ingredienti siano i protagonisti.
E il vino?
Cerchiamo di proporne sempre di appartenenti al territorio, ma l’aiuto di un esperto al quale spesso chiediamo consiglio rende il nostro servizio migliore e più professionale.
Clara Ippolito
molto interessante
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